MOSTRA

DO IT YOURSELF
Voci dalle controculture

a cura di Silvia Sfligiotti e Nicolò Francesco Bello

9 ottobre - 13 ottobre, ore 14-19

Via Mantovana, 83e, 37137 Verona VR

Il termine ‘controculture’ si presta a diverse interpretazioni e viene spesso identificato con la produzione ‘underground’ di protesta giovanile, europea e soprattutto statunitense, realizzata tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta del Novecento. Questa etichetta tuttavia può essere applicata in senso più ampio, sia cronologicamente che geograficamente, a qualsiasi gruppo si opponga alla cultura o all’ordine sociale prevalente, di solito detto ‘mainstream’. L’installazione tipografica Do It Yourself. Voci dalle controculture si propone di portare sulla scena questi movimenti e si realizza come correlato di un’antologia: Controculture. 1956- 1995. Mostra e libro desiderano dare spazio a voci che sono state di grande importanza per la trasformazione della comunicazione visiva nel corso del secolo scorso, comparendo però solo marginalmente nelle numerose storie della grafica pubblicate nel corso degli anni.

Il rapporto tra forma e contenuto è spesso un incontro affascinante che riguarda tanto la relazione tra intenzione e opera d’arte quanto quella tra messaggio e medium. Si dice sarebbe buona cosa fare in modo che si riflettessero, riconoscendo reciproca somiglianza o producendo frizione.

Nel lavorare a questa installazione, concepita quale correlato di un libro, la prima sfida è stata proprio rendere conto di questa relazione. Si è avvertita responsabilità nei confronti di un volume dedicato a movimenti opposti al mainstream, i cui protagonisti spesso si arrangiavano nel rifiuto delle organizzazioni istituzionali. Si è voluto che questa sensibilità venisse rispecchiata tanto nei materiali quanto nella loro disposizione in sala. Curioso che il progetto origini proprio dalla lettura di un saggio, visto che in latino liber vuol dire sia “libro” che “libero”.

A queste suggestioni è dovuta l’assenza di cornici, l’affastellamento dei manifesti e l’irregolarità nel ritmo della loro affissione. Sventrare, squarciare, scompaginare un libro per affiggerne i fogli sul muro è un gesto simbolico che, oltre a strizzare forse l’occhio all’estetica punk, mira proprio a depotenziare la consequenzialità che organizza l’oggetto editoriale.

Si è tentato di utilizzare il meno possibile supporti architettonici come piedistalli o altre strutture espositive, fatta eccezione per i cubi di appoggio e gli appendini che sorreggono il titolo dell’installazione, oltre al pannello di chiusura che state leggendo.

Si è voluto mettere in mostra le copertine scartate durante l’iter di elaborazione del volume. Il desiderio era svelare il “dietro le quinte” del processo editoriale per smontare la compiutezza del libro concluso. Per fare ciò si è deciso di stampare le ipotesi di cover, foderare con esse una serie di menabò e spargere le copie nella sala. L’intenzione era offrire le opzioni grafiche al tocco, oltreché alla vista.

Per realizzare i manifesti non si è voluto imitare, col rischio di parodia, le grafiche dei movimenti controculturali. La scelta è stata piuttosto quella di lavorare su estratti e citazioni usando la tipografia come forma espressiva. In coerenza con questa scelta, le font impiegate sono tutte disegnate da giovani type designer e da fonderie indipendenti; sono libre fonts, messe a disposizione di chiunque le voglia utilizzare con uno spirito open source, oppure caratteri work in progress.

Si è infine fatto il possibile per contenere, almeno di poco, l’autoreferenzialità, e arricchire l’installazione con materiali provenienti da fonti altre rispetto al volume. Perciò si vede anche una selezione di video curata da Francesco Ciaponi; sono contenuti tratti da epoche diverse, scovati un po’ ovunque nell’Internet e riprodotti in loop secondo ordine casuale.